La fotografia elegante e discreta di Luisa Lambri a Milano

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Al Padiglione di Arte Contemporanea si è recentemente tenuta la mostra fotografica di Luisa Lambri. Il titolo, “Autoritratto”, è un omaggio alla critica d’arte più femminista e- per sempre eterna- Carla Lonzi .

È bene precisare che l’arte di Luisa Lambri pur ponendo particolare attenzione alle tematiche femministe non sfocia mai in un’aperta denuncia sociale, ma mantiene un respiro più visionario e discreto.

Un progetto concentrato principalmente sulla fotografia

 


La prima sala del Pac si apre con una serie di fotografie del celebre taglio di Lucio Fontana, in cui Luisa Lambri rivisita il concetto di soglia. La soglia rappresentata dall’artista meneghina è quella della possibilità, il limes tra spazio interno e spazio esterno, tra luogo e drammatizzazione del luogo stesso. Per capire meglio quest’ultimo concetto occorre visitare la sala 2 e 3, ove una serie di fotografie silenziose e rarefatte mostrano la luce che penetra da dietro le fessure di una veneziana, dall’apertura scomposta di una persiana o dalla verticalità di due muri che si incontrano in un angolo abitato solo da un obiettivo.

Nessuna visione di insieme, si tratta di un’architettura fatta di rapporti tra elementi astratti, i colori vengono abbassati, ridotti o addirittura tolti al fine di trascendere l’aspetto puramente descrittivo ed arrivare a toccare una dimensione più intima. Le sue astrazioni altamente poetiche non rappresentano gli effettivi spazi fisici che sta fotografando, ma introducono l’esperienza di essere dentro uno spazio ed essere definiti e riflessi dal peso sia fisico che ideologico della struttura stessa.

Mettendo in evidenza un’assenza, come quella della figura umana, ne mostra tutto il peso e la gravità attraverso un minimalismo che, come il taglio di Fontana, squarcia, apre ed invita ad un’emotività che partecipa al passare del tempo e delle stagioni. Perchè ciò che più colpisce di questa serialità, è il tempo che ha trascorso l’artista dentro questi edifici. Eppure l’incedere della luce prima zenitale e poi crepuscolare, rivelano un movimento tutt’altro che ossessivo all’interno di queste sequenze. Sembrano racchiudere un’immaterialità quasi metafisica come le pitture di De Chirico,il minimalismo di Agnes Martin o le architetture di Piranesi.

Su questa scia visionaria, possiamo approcciarci all’ultima sala dedicata alla mostra di Lambri, dove una serie di fotografie verdi sembrano galleggiare di fronte alla vetrata del Pac. Si tratta di lucernari che ritraggono aghi, foglie, insetti ed ancora una volta uno spazio esterno separato da un vetro, il quale dialoga perfettamente con l’architettura stessa del Pac riflettendo un meraviglioso gioco di specchi tra rapporti bidimensionali e tridimensionali.

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